EOLIE NEWS – Problematiche agricole e ambientali – Sterpaglie, fuochi e divieti…quanto fumo!

Siamo ai primi di febbraio e questo a Lipari è il periodo della preparazione dei terreni nelle campagne con la  pulizia dalle erbacce e la potatura delle viti e degli alberi e con queste pratiche riappaiono i fumi dei fuochi accesi nei campi per la bruciatura dei residui vegetali, nonostante il divieto assoluto imposto in data 13.05.2011 dalla Circolare n. 16924 del comando Forestale della Regione Siciliana con pesantissime sanzioni, persino l’arresto, per i trasgressori.

Forse alcuni non sono al corrente del grande rischio che corrono bruciando gli sfalci sul campo. Forse non sono aggiornati sulla questione anche per le contrastanti notizie sulla possibile revoca del divieto che possono aver generato confusione e false aspettative, forse semplicemente se ne fregano delle regole che non capiscono e non accettano.

Infatti le proteste di massa del mondo agricolo siciliano con petizioni, interpellanze parlamentari, richieste di deroghe….hanno infine sortito un risultato con l’approvazione di una modifica di legge da parte dell’ARS (art. 24 della legge del 09.11.2011) con la quale si è introdotta nuovamente la facoltà di bruciare le sterpaglie in quanto normale pratica agricola.
Nella soddisfazione generale, il Commissario dello Stato ha però impugnato l’articolo e quindi al momento il divieto rimane.

Ma cosa dice la Circolare e su quali presupposti di legge è stata emanata?

la Circolare n. 16924, in applicazione dell’art. 13 del D.Lgs 205/2010, interpretando la volontà del legislatore, stabilisce che “paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l′ambiente, nè mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati.
La combustione sul campo dei residui vegetali si configura quindi come illecito smaltimento di rifiuti, sanzionabile ai sensi dell′art. 256, 1° comma del D.Lgs 152/2006.”

In sintesi l’articolo di legge (Testo Unico Ambientale) a cui si fa riferimento dice semplicemente che non rientrano nel campo di applicazione della gestione dei rifiuti in genere i residui vegetali naturali in questione qualora vengano utilizzati nella pratica agricola o  nella produzione di energia come biomassa nel rispetto dell’ambiente e della salute umana.

Nel caso vengano bruciati – e qui sta la discutibile interpretazione – non vengono utilizzati, ovvero diventano materiale di cui ci si vuole disfare e quindi diventano automaticamente rifiuti dal momento che la direttiva 2008/98/Ce del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti, classifica come rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».

Non viene quindi preso in minima considerazione il fatto che invece la combustione sul campo degli sfalci, potature ed altro materiale agricolo e forestale naturale, oltre ad essere in molti casi pratica agricola di disinfezione, ad es. residui di piante attaccate da virus o parassiti pericolosi ed infestanti, è prassi consueta da cui si ricava anche cenere da utilizzare come fertilizzante alla stessa stregua della trinciatura e di altre lavorazioni per ricavarne compost.

Ma proprio il fatto di aver equiparato gli sfalci e le potature a dei rifiuti (normativa e procedure estremamente severe e complesse) apre uno scenario a dir poco inquietante e tale da inficiare anche la nascita di circuiti virtuosi, tipo Centri autorizzati di raccolta comunali o privati, dove i piccoli coltivatori delle isole possono conferire il loro materiale che poi potrà essere trattato con biotrituratori ed altre attrezzature e trasformato in risorsa come biomassa  Si pensi al proposito al trasporto che non può essere effettuato direttamente dagli agricoltori o da semplici trasportatori c/o terzi, in quanto per i rifiuti occorre un’apposita autorizzazione ed anche il centro di raccolta è sottoposto ad autorizzazioni e regolamentazioni da “discarica”, cosa che è assolutamente fuori da ogni logica operativa.

Per maggior comprensione questo dice art. 256, 1° comma del D.Lgs 152/2006 e gli altri articoli correlati nei quali è regolamentata la materia rifiuto, la cui complessità e sproporzione rispetto alla piccola scala degli interventi da realizzare è tale da far perdere ogni velleità propositiva.

. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.

Una soluzione intermedia pur con limitazioni è il sottoprodotto che si distingue dal rifiuto se soddisfa determinate condizioni.
Deve essere certo che:
• la sostanza sarà ulteriormente utilizzata;
• la sostanza o l’oggetto possa essere utilizzata direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
• l’utilizzo soddisfi tutti i requisiti pertinenti riguardanti la protezione della salute e dell’ambiente.

L’art. 185, comma 2 del decreto legislativo 152/2006 (Testo Unico in materia ambientale) nella sua nuova stesura recita così: «Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p),comma 1, dell’art. 183:
materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, oppure da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole, anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o utilizzati in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas… omissis».

In pratica l’impresa che svolge l’attività di manutenzione di parchi e giardini, o l’azienda agricola, può vendere sfalci e potature a un impianto alimentato a biomasse e che produce energia; l’importante è che tra le due imprese venga stipulato un contratto di fornitura dei materiali prima che sfalci e potature siano prodotti, in modo che la loro destinazione sia certa fin dalla loro produzione.

Da quanto fin qui esposto ci si rende conto che bruciare sul campo è la soluzione più semplice, a volte può essere necessario, ma in complesso conviene utilizzare in altro modo la risorsa di risulta, recuperando e differenziando i residui e per il resto un biotrituratore semi-professionale costa quanto una piccola motozappa e dovrebbe entrare nel corredo delle attrezzature di ogni agricoltore. Per chi ha un piccolo orto o un giardino è sufficiente anche un modello “familiare” elettrico, costo sotto i 500,00.

Così il problema ce lo risolviamo da soli, meno Leggi, meno burocrazia ed alla fine anche meno costi e soprattutto più buonsenso.
Ne guadagneremo in salute, in sicurezza, in qualità e soprattutto in libertà.

Per quanto riguarda il legislatore si può solo dire che le Leggi, i Regolamenti, le Disposizioni, le Circolari… sono “cose” che incidono profondamente nella vita delle persone, nei rapporti delle persone con l’ambiente, nella qualità del mondo in cui viviamo….non si può teorizzare astrattamente sui termini, non si può mettere sullo stesso piano chi brucia plastica e chi brucia erba semplicemente perché vogliamo “disfarci” di entrambi.

“Il disfarsi” eccelsa definizione del rifiuto affibbiata dai tecnocrati dell’Unione Europea a “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi” e meno male che si sono fermati alle sostanze ed agli oggetti…. ma che vuol dire oggettivamente “disfarsi di”?….sto pensando a…..